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Leone XIV fra i pellegrini della veglia di Pentecoste in piazza San Pietro per il Giubileo di movimenti e associazioni - Reuters
«In un mondo lacerato e senza pace lo Spirito Santo ci educa a camminare insieme». Il Papa ha di fronte a sé oltre 70mila pellegrini provenienti da più di cento Paesi che affollano piazza San Pietro. Sono i protagonisti del Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità che nel calendario dell’Anno Santo è programmato in occasione della Pentecoste. Con loro il Pontefice celebra nel tardo pomeriggio la veglia della solennità che rappresenta il cuore delle due giornate giubilari cominciate al mattino con il passaggio delle Porte Sante nelle Basiliche papali a Roma. A movimenti e associazioni Leone XIV affida la parola “sinodalità” che aveva utilizzato nel primo saluto da Pontefice. «Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. “Sinodalità” è il nome ecclesiale di questa consapevolezza», dice il Papa. E indica la prospettiva: «La terra riposerà, la giustizia si affermerà, i poveri gioiranno, la pace tornerà se non ci muoveremo più come predatori, ma come pellegrini. Non più ognuno per sé, ma armonizzando i nostri passi ai passi altrui. Non consumando il mondo con voracità, ma coltivandolo e custodendolo, come ci insegna l’enciclica Laudato si’».
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Leone XIV durante la veglia di Pentecoste in piazza San Pietro per il Giubileo di movimenti e associazioni - Reuters
Mentre nelle diocesi italiane si tengono le veglie di Pentecoste per la pace su proposta della Cei, il dramma della guerra irrompe in piazza San Pietro nell’appuntamento che precede l’incontro con il Papa. A raccontare i segni di speranza in mezzo all’orrore sono le voci dei testimoni che si alternano sul sagrato. Come Hussam Abu Sini, il medico arabo-israeliano che appartiene a Comunione e Liberazione. Il 7 ottobre 2023, quando Hamas ha attaccato lo Stato ebraico, la risposta è stata quella di «pregare insieme. Abbiamo capito che essere uniti vuol dire guardare tutti dalla stessa parte». La tragedia dell’Ucraina fa da cornice alla missione dei coniugi spagnoli Pedro Sánchez Sáez e María Begoña Ballester, entrambi 53enni, dodici figli (due dei quali seminaristi) e quattro nipoti. Fanno parte del Cammino neocatecumenale e dal 2010 sono nel Paese aggredito dalla Russia: prima nella città di Donetsk e poi a Kiev. «Quando è iniziata la guerra, la Provvidenza ci ha fatto capire che il nostro posto era qui, che potevamo continuare la missione, ma in un modo nuovo. E ancora di più ci ha dato la forza di vivere in pace in mezzo ai rischi che il conflitto comporta».
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Leone XIV fra i pellegrini della veglia di Pentecoste in piazza San Pietro per il Giubileo di movimenti e associazioni - Reuters
Poi le guerre dimenticate dell’Africa. «Da oltre trent’anni il mio Paese è scosso da un conflitto alimentato da interessi oscuri», spiega Aline Minani della Repubblica Democratica del Congo che è legata alla Comunità di Sant’Egidio. Se, ammette, «l’impulso è a rimanere indifferenti al destino altrui», «come giovani, in una città dove tutti sono nemici, abbiamo scelto di stringere un’alleanza: con gli anziani. Visitarli, proteggere i più poveri, così come i senzatetto e i bambini di strada». Perché, aggiunge, «vivere il Vangelo è la migliore protezione in tempo di guerra». Toccante la storia di rinascita di Nicola Buricchi, padre e marito con un passato di tossicodipendenza alle spalle. «Nei primi sei anni di vita ho subito abusi sessuali e gravi violenze», confida. Poi la droga e la rabbia con Dio. Fino all’incontro con Nuovi Orizzonti. «Gesù ha raggiunto i miei inferi, ha dato un nome al mio dolore e mi ha fatto capire che c’era un bisogno profondo di essere amato».
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Leone XIV fra i pellegrini della veglia di Pentecoste in piazza San Pietro per il Giubileo di movimenti e associazioni - Ansa
«Tutta la creazione esiste solo nella modalità dell’essere insieme», sottolinea papa Leone. Ed evoca lo «Spirito di unità» per chiedere a movimenti e associazioni di essere «palestre di fraternità e di partecipazione». Guardando piazza San Pietro, il Pontefice dice che «è come un abbraccio aperto e accogliente» ed «esprime magnificamente la comunione della Chiesa, sperimentata da ognuno di voi nelle diverse esperienze associative e comunitarie, molte delle quali rappresentano frutti del Concilio». E tutte impegnate nell’evangelizzazione: quotidiana o di frontiera. Evangelizzazione che, tiene a chiarire Leone XIV, «non è una conquista umana del mondo», ma «opera di Dio» e «infinita grazia che si diffonde da vite cambiate dal Regno di Dio». Quindi l’invito alla collaborazione ecclesiale: «Non molte missioni, ma un’unica missione. Non introversi e litigiosi, ma estroversi e luminosi»; e ancora: «Siate legati profondamente a ciascuna delle Chiese particolari e delle comunità parrocchiali dove alimentate e spendete i vostri carismi. Attorno ai vostri vescovi e in sinergia con tutte le altre membra del Corpo di Cristo agiremo, allora, in armoniosa sintonia».
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La veglia di Pentecoste in piazza San Pietro per il Giubileo di movimenti e associazioni - Ansa
L’unità è anche il filo conduttore dell’udienza del mattino ai partecipanti al simposio “Nicea e la Chiesa del terzo millennio: verso l’unità cattolica-ortodossa”. Il Papa parla del Concilio di cui ricorrono i 1.700 anni per definirlo «una bussola che deve continuare a guidarci verso la piena unità visibile di tutti i cristiani». E, attingendo all’eredità di Nicea, «saremo in grado di vedere in una luce diversa i punti che ancora ci separano». Quindi, richiamando la Pasqua divisa che indebolisce «la credibilità della nostra testimonianza del Vangelo», il Papa ribadisce «la disponibilità della Chiesa cattolica alla ricerca di una soluzione ecumenica che favorisca una celebrazione comune della Resurrezione del Signore». Nicea potrebbe essere la tappa di uno dei primi viaggi di Leone XIV: a novembre nella località oggi in Turchia.